
infaticidio- scienzalive.it
“Sopprimere i bimbi disabili per ridurre i costi sanitari”: una proposta choc che è subito diventata virale generando un’ondata di indignazione e scandalo tra gli utenti del web. A pronunciarla sarebbe stato Peter Singer, professore di Bioetica all’Università di Princeton. La notizia è stata riportata con sdegno da numerosi organi di informazione sia cattolici che laici, nei quali Singer è stato dipinto come “il bioeticista che vuole uccidere i neonati” il quale ritiene “giusto sopprimere i bambini per ridurre i costi della sanità”. Secondo quanto riporta Il Giornale, che già in passato aveva indicato Singer tra coloro che “in nome della scienza giustificano anche l’infanticidio”, nell’etica di Singer l‘infanticidio di bimbi handicappati sarebbe una conseguenza necessaria nella logica del rapporto tra costi e benefici. Nello stesso articolo Il Giornale aggiunge dettagli circa la figura intellettuale di Singer dipingendolo come “filosofo della liberazione animale, fautore della linea della parità tra uomini e bestie, inventore del termine “specismo”, ovvero il razzismo dell’umanità verso le altre creature”. Dettagli che hanno generato una pioggia di critiche in modo trasversale, con Singer attaccato contemporaneamente dai filoclericali movimenti per la vita e da eminenti scienziati quali il neurofisiologo Vittorio Gallese (tra gli scopritori dei neuroni specchio), i quali hanno interpretato le sue tesi come conseguenza diretta rispettivamente del suo ateismo e animalismo. Amanti di etichette più politiche l’hanno poi accusato di stalinismo, nazismo e darwinismo sociale.
Ma chi è Peter Singer? E quanto c’è di vero in quanto riportato dai media? Ne abbiamo parlato direttamente con lui, a margine della sua prolusione in occasione del giubileo del Centro di Etica dell’Università di Zurigo, lo scorso lunedì. Perché riteniamo che quando si affrontano questioni di estrema complessità e delicatezza, quali le scelte sul fine di vita in età neonatale, ci sia un obbligo di trasparenza e corretta informazione scientifica. Un obbligo che, nel caso dei media sopra riportati, è stato colpevolmente disatteso.
Avevo conosciuto per la prima volta Peter Singer a New York nell’autunno del 2012 durante un seminario interateneo tra l’Università di Princeton e la New York University riguardante linee guida etiche in materia di malattie neurodegenerative. All’epoca Singer era già stato inserito dal Times tra le 100 personalità più influenti del Mondo nonché nella top 10 dei “world’s global thinkers” del Gottlieb Duttweiler Institute assieme al fisico Stephen Hawking, allo psicologo Daniel Kahneman e all’economista Joseph Stiglitz. Il suo tentativo di rifondare l’etica su basi scientifiche e universali e svincolarla da bias psicologici quali il sesso, la razza e la specie aveva già rivoluzionato da più di un trentennio i dibatti di bioetica ed etica medica ed aveva modificato sostanzialmente l’approccio a problemi quali la rimozione dei respiratori da pazienti in stato vegetativo, l‘aborto oltre il primo trimestre e le ricerca sulle cellule staminali embrionali. Tanto che in una celebre intervista (in basso) il biologo evolutivo Richard Dawkins si era riferito a lui come “l‘uomo più morale mai conosciuto“.